Le rivolte giudaiche by Giulio Firpo

Le rivolte giudaiche by Giulio Firpo

autore:Giulio Firpo [Firpo, Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Ancient, General, Judaism
ISBN: 9788842058458
Google: QR8wAQAAIAAJ
editore: Laterza
pubblicato: 1999-02-14T23:00:00+00:00


La rivolta della diaspora sotto Traiano

1. Nuovi fermenti apocalittici

Nel 70, subito dopo la conquista di Gerusalemme da parte di Tito, un certo numero dei rivoltosi scampati alla catastrofe aveva trovato rifugio ad Alessandria e a Cirene, sedi di due tra le più antiche e cospicue comunità della diaspora d’Occidente, recandovi l’annuncio di liberazione dall’oppressione straniera proclamato a suo tempo da Giuda il Galileo. Le idee di questi irriducibili trovarono fertile terreno di propagazione nei livelli inferiori della popolazione e, parrebbe, tra i più giovani; ma le classi superiori e la borghesia cittadina rimasero fedeli a Roma, e ciò segnò la sorte di questi movimenti. Ad Alessandria, furono gli stessi giudei della città a imprigionare seicento ribelli, costringendo gli altri a rifugiarsi nelle campagne, ove vennero catturati e messi a morte, offrendo un magnifico spettacolo di coerenza rifacentesi alla più luminosa tradizione degli zelanti per Dio e per la sua legge. Per prevenire il sorgere di altri focolai di rivolta intorno a luoghi o simboli di particolare valore evocativo e religioso, Vespasiano fece spogliare e chiudere il tempio giudaico di Leontopoli, eretto più di due secoli prima come simbolo della resistenza all’oppressione di Antioco IV. A Cirene, un oscuro artigiano di nome Gionata ripropose un espediente già precedentemente sperimentato da altri in Giudea, inducendo molti appartenenti agli strati inferiori della popolazione a seguirlo nel deserto con la promessa di mostrar loro prodigi e apparizioni; furono i notabili giudei di Cirene a informarne il governatore romano, il quale ebbe facilmente ragione di questo gruppo, catturando lo stesso Gionata.

Dopo questi episodi, concentrati nell’immediato dopoguerra, per più di quarant’anni i rapporti tra Roma e i giudei conobbero alti e bassi, ma senza sussulti particolarmente gravi: l’imperatore Nerva abolì il fiscus Iudaicus, ma ad Alessandria la tensione fra la maggioranza greca della popolazione e la minoranza giudaica restò costantemente alta, dando vita, specie in età traianea, a scontri e tumulti. In questo periodo rimase comunque viva, tra i giudei, la contrapposizione tra chi non voleva rinunciare alla prospettiva di una guerra escatologica contro Roma e chi intendeva invece evitarla, sulla base di una realistica valutazione delle forze in campo.

La maggioranza dei rabbi, cioè gli studiosi e dottori della legge mosaica, e della popolazione da essi spiritualmente guidata, accettava, pur senza particolari entusiasmi, la sottomissione a Roma come fase transitoria ma necessaria, in quanto voluta da Dio in preparazione dell’avvento dell’èra messianica, prudentemente dilazionata a una data indefinita: una posizione che richiama per vari aspetti quella di Giuseppe Flavio. L’accento era posto sulla rinuncia alla contrapposizione politica e militare alle potenze straniere e sull’esigenza di dedicare ogni energia allo studio della legge, come è ben esemplificato in un ammonimento di rabbi Eliezer: «Se osservate il sabato [cioè, se vi attenete scrupolosamente alla legge] eviterete tre punizioni: le doglie messianiche, il giorno di Gog [cioè l’invasione pagana] e il giorno del grande tribunale [= del giudizio]» (Mekilta Vajassa’ 5).

In alcuni ambienti di Palestina e della diaspora prevaleva invece la convinzione, di matrice apocalittica, che la distruzione di



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